La libertà
non sta nello scegliere tra il bianco e il nero, ma nel sottrarsi a questa
scelta
Theodor W Adorno
A
MODO MIO
Se
non sei d'accordo con la destra ti considerano un pericoloso bolscevico, se
non sei d'accordo con la sinistra ti considerano un picchiatore nero. Io non
vlLgio che qualche capopartito decida per me (secondo una sua coerenza rispetto
aad un modello di società corrispondente all'ipotesi zero) come vada
regolamentata la sosta, scelto un ministro o la procedura penale. Non riesco
a capacitarmi perchè si scelga un partito e si debba sempre dar ragione
a quello sia sui temi di fondo che sull'attualità.
Ma naturalmente questa frase mi ha fatto meditare che più e più
volte accettiamo per scontato un meccanismo, senza comprendere che ciascuna
scelta che ci pare una scelta a volte si esercita dentro un'altra scelta già
fatta. Si sceglie un modello e dentro questo modello ci si illude di poter
scegliere. Quando a suavolta la scelta può essere del tutto irrilevante
rispetto a quella che andrebbe fatta e che riguarda il modello.
Qui si aprirebbe un fiume di considerazioni, di come a volte le alternative siano viziate da un'ipotesi zero che non è posta in attesa di verifica ma come postulato indiscusso. Un fiume di consoiderazioni che ci trascinerebbe lontano, ognuno interpreti la frase come vuole e come può.
Un uomo con un
orologio sa che ore sono. Un uomo con due orologi non è mai sicuro
Eric
Segal
A MODO MIO
Questa frase mi ha fatto venire in mente un fatto dimenticato. Quando ero studente di medicina, lavoravo come assistente bagnante in una piscina. Ad un certo punto decisi di fare l'esame per diventare un istruttore. All'esame mi chiesero di parlare del cuore. La mia risposta fu peggiore e meno chiara di quella che diedero gli altri miei colleghi, fossero nella vita studenti di architettura, bidelli o impiegati postali. Mi fu infatti difficile sintetizzare bene in quattro parole: mi venivano in mente le biforcazioni delle coronarie e i muscoli papillari, la differenza tra mitrale e tricuspide, mi fu difficile insomma essere semplice ed efficace.
Non è però questa un elogio dell'ignoranza e della mancanza di approfondimento. Per essere chiari, fa più vittime l'ignoranza e l'impreparazione (es. quando si soccorre un ferito o si compiono azioni controproducenti) di molti agenti dannosi presi da soli, senza soccorritori e senza interventi.
Anzi, è sempre positivo avere più conoscenze e punti di riferimento: si ha un'idea spesso più vicina alla realtà e si possono fare più cose, interventi migliori, trovare soluzioni più adeguate. Ma la conoscenza ricca o approfondita a volte porta dei dubbi.
Dubbi che sono tipici di chi ha più conoscenze. Ma in questo caso i dubbi (compresi quelli di chi ha due orologi) sono salutari.
Perchè non basta la beata ignoranza a rendere più preciso il solo ed unico orologio.
Essere puntuali
significa sprecare un sacco di tempo in attesa degli altri.
(Gandolin)
A
MODO MIO
Anche questa considerazione mi ha aiutato a vedere le cose da un altro punto di vista. A volte per essere puntuale ho fatto delle levatacce o degli spostamenti di altri impegni, e mi sono reso conto spesso che non ne valeva la pena. Un esempio: mi chiesero di presentarmi ad un incontro alle 8:30 del mattino. Messo giù il telefono, consultai gli orari dei mezzi. Mi accorsi (solo dopo aver accettato!) che se l'appuntamento fosse stato alle 9, avrei potuto prendere un treno, ma per via degli orari e delle coincidenze sarei arrivato solo mezz'ora dopo. Per arrivare prima non c'erano treni. Un quarto d'ora mi pareva tollerabile, mezz'ora no. Allora mi recai in quella città la sera prima, dormii in un albergo. Al mattino mi presentai puntuale, il mio interlocutore (che mi aveva dato l'appuntamento a quesll'ora) come se niente fosse si presentò in ufficio alle 9:45.
Essere puntuale mi pare una forma di rispetto per gli altri, ma per rispettarsi occorre essere per lo meno in due. Ormai adotto questo metodo: la prima volta sono sempre puntualissimo. Poi se vedo che quall'azienda non lo è, la seconda volta evito di perder tempo anch'io, ovvero evito di arrivare puntuale se poi mi fanno aspettare un'ora. Anche così sono soggetto a critiche. Un istituto mi commissionò delle lezioni in azienda. Prima che tutti fossero disponibili passava un'ora. Provai allora ad arrivare con una ventina di minuti d i ritardo: mi dissi che così avrei perso quaranta minuti anzichè un'ora, e non sarai stato di certo l'ultimo ad arrivare. Si lamentarono con me per il mio ritardo, anche se in aula c'erano due persone su quindici. Ma ho deciso di non far caso a queste critiche: sono casi disperati, in cui anche il comportamento più corretto non trova estimatori, e quindi il soggetto giudicante è screditato e quindi privo di autorevolezza.
Audaces fortuna adjuvat Terenzio
A MODO MIO
La prima cosa che mi viene in mente è che chi non osa non ottiene un gran chè. Questo riguarda l''audacia e anche in altri campi: sono quelli che si danno un gran da fare che magari ottengono cose brutte (da dimenticare) ma anche dei colpi di fortuna. Insomma -per fare un esempio qualunque- un buon posto di lavoro capita a chi fa molte domande e partecipa a molti concorsi, non a chi aspetta che la fortuna caschi da cielo.
Il problema è che che gli audaci (come si diceva) vanno verso risultati positivi ma rischiano anche molto di più di chi è tranquillo. Quindi coloro che audaci non sono, magari non lo sono giusto per pudenza, e non per pigrizia. Una virtù, la prudenza, considerata importante perfino dalla teologia.
Insomma, chi si espone è probabile che riesca di più rispetto a chi non osa.
Ma anche qui vi sono die dubbi. Il timore è che tra coloro che hanno osato si vedono i baciati dalla fortuna... solo perchè chi ha osato e non è sopravvissuto non è in giro a mostrare la propria sfortuna. Come dire che i vincitori e i fortunati sono al centro dell'attenzione, i defunti sono sotto terra.
Insomma una selva di pro e contro su cui è difficile fare dei test statistici di significatività. E alla fine ciascuno sia audace o prudente a seconda del proprio carattere e delllo stato d'animo del momento... Certo però che un po' di audacia è un pò ilo sale della vita. Val la pena di vivere se si osa... e se si vive un po' pericolosamente.
lLe falsità
sono di tre tipi: bugie, panzane e statistiche
A MODO MIO
La
statistica è un modo di conoscere la realtà. Ma scorre sulla
lama di un rasoio: è facilmente falsificabile sia in modo conoscio
che in buona fede. Come dire che la fede è buona ma la conoscenza è
cattiva.
Troppo spesso non si va a cercare la realtà vera, ma la conferma alla
propria tesi: fenomeno di per sè lecito se non si considerassero gli
elementi favorevoli o si eascludessero quelli scomodi. E proprio qui casca
l'asino.
E insomma
molto (troppo) facile compiere una statistica in modo non ineccepibile, ma
è ancora più facile (e relativamente comune!) elaborarle e interpretarle
a proprio piacimento.
Ad esempio, chi di noi non ha sentito quei politici che (dopo uan sconfiffa
elettorale) fanno ragionamenti tipo: "sì, abbiamo perso Milano,
Roma e Torino, ma abbiamo conquistato Rovello, Osio di Sopra, Costello veneto...".
Oppure "Abbiamo arretrato rispetto alle scorse politiche ma abbiamo guadagnato
rispetto alle comunali del 2001..." e così via. Si tratta qui
di fare dei paragoni impropri per mitigare una sconfitta, ma si può
seguire questo metodo per fare dire ai numeri qualsiasi cosa che ci si sogni
di far loro dire per qualunque interesse economico, ideologico, ecc.
La frase riportata sopra trae la sua giustificazione che queste manipolazioni sono tanto estese da risultare praticamente la norma.
Vi sono
poi dei casi famosi e popolarissimi che sono solo sintomo di ignoranza.
Ad
esempio, è famosissimo e popolarissimo il detto che parafraso nel seguente
modo:
se tu hai due polli e io neppure uno, secondo la statistica ne abbiamo uno a testa.
Naturalmente
non è così, si usano solo delle parole a casaccio senza neanche
sapere cosa significano. La "media" dice che ne abbiamo uno a testa.
La "statistica" è un'altra cosa. La media è una delle
misure della statistica e non è la statistica. La media non è
la misura adatta a valutare quanti polli ha ciascuno. Per saperlo non si ricorre
alla media ma alle misure di dispersione. Come uno dicesse che il metro non
serve a nulla perchè non si può chiedere all'oste un metro di
vino. Il metro è una misura che va bene per alcune cose (dalle stoffe
al filo di ferro) ma non al vino, per il quale occorre esprimersi il litri.
Se uno non sa che esistono i litri ci risparmi almeno le sciocchezze sulle
misure lienari del vino. Così chi non sa la differenza tra media e
misure di dispersione stia zitto sui polli.
Se