------------------------------ | sua
maestà
il cinescopio Vecchio, vecchissimo,
forse decrepito.
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da Audio Review |
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l principio di funzionamento del cinescopio è basato su una
proprietà di certi composti (chiamati in gergo «fosfori»,
perché si tratta sostanzialmente di composti a base di questo elemento)
di emettere luce quando sono colpiti da una certa quantità di elettroni.
Il cinescopio stesso è una specie di ampolla di vetro, sul cui fondo (lo schermo) è stato spalmato questo composto, che viene colpito da un raggio di elettroni generato da un dispositivo presente dalla parte opposta del cinescopio (vedi figura 1). Questo raggio dev’essere molto sottile, per permettere una buona definizione dell'immagine; così come un pittore ha bisogno di un pennello sottile se vuole dipingere dei particolari minuti. Ed ecco perché il raggio illumina una superficie minima dello schermo, che può in pratica essere considerata addirittura puntiforme. Per dipingere l’immagine su tutta l'area dello schermo, il raggio di elettroni deve percorrerlo dunque tutto, un punto dopo l'altro. Il suo percorso è standardizzato: parte dall’angolo superiore sinistro. compie una serie di «righe» orizzontali poste l'una sotto l’altra, fin che non si trova ad illuminare l'angolo inferiore destro (vedi figura 2). A questo punto risale, e riparte all’angolo sinistro in alto, come all’inizio.
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Figura
1 - Il principio di
funzionamento del cinescopio è abbastanza semplice: vi sono alcuni composti (in gergo detti «fosfori») in grado di emettere luce quando vengono colpiti da un numero sufficiente di elettroni: aumentando o diminuendo la «forza» del raggio di elettroni aumenta o diminuisce la luminosità del punto colpito. Si tratta dunquedi un dispositivo analogico, perchè la luminosità dello schermo è analoga all'intensità della corrente che lo colpisce. Il segnale che arriva al cinescopio dev'essere analogico! |
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Figura
2 - Gli elettroni
sono «deviati» dai campi magnetici, e dei segnali opportunamente immessi in apposite bobine possono far compiere al raggio un percorso a righe che gli fa percorrere la superifcie dello schermo ogni 50.mo di secondo (nel PAL). |
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Figura
3 - ll segnale
video può essere assimilato ad un’onda elettrica (a sinistra) che ha un andamento corrispondente all'aumento o alla diminuzione della luminosità del teleschermo, riga dopo riga. Ad un’onda come quella della figura, potrebbe ad esempio corrispondere una riga del teleschermo che parte dal nero, sale rapidamente al livello I dischermo bianco, e decresce più lentamente fino a tornare a livello di schermo nero. Si è operata una «spazializzazione» (sul teleschermo) di un’onda elettrica (che era nella dimensione del tempo). |
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Figura
4 - -Immaginiamo di
vedere un cinescopio dall’alto; Il segnale a destra, applicato alle bobine che creano il campo magnetico, genera una deflessione» del pennello da un punto all’altro dello schermo, man mano si passa dal minimo del segnale al massimo. A questo punto il segnale torna di colpo al minimo, e in questa circostanza un secondo segnale fa sì che l’inizio del nuovo percorso del fascio di elettroni sullo schermo non si sovrapponga alla riga appena descritta, ma che scenda (di scatto) di una riga; in modo che ne inizi una nuova. Una volta descritte 625 linee (nel PAL) si è disegnato uno schermo completo.
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(seguito) Serie e parallelo Se durante questo percorso l’intensità del raggio aumenta o diminuisce,
aumenterà o diminuirà anche la luce che viene emessa dai
fosfori istante dopo istante: la variazione che (a livello del segnale
immesso) era nel dominio del tempo, viene ora distribuita nello spazio
rappresentato dalla superficie dello schermo: in un certo tempo c’era una
variazione nel segnale, a cui corrisponde una variazione di luminosità
in un certo spazio del teleschermo (vedi figura 3).
Sotto il giogo Il segnale disegnato in figura 4 viene applicato alle bobine, e genera
dunque un campo magnetico. Quando il segnale aumenta, aumenta anche il
campo magnetico (e quindi la deviazione del raggio) da un minimo ad un
massimo: quando il segnale torna a zero, un apposito segnale provvede ad
imprimere al raggio un cambio di posizione dall’aito verso il basso, e
quindi a far «scendere» il raggio di una riga; mentre il segnale
elettrico disegnato in figura risale per la seconda volta, il fascio di
elettroni illumina dunque un’altra riga del teleschermo, e così
via per tutta la superficie.
consiste nell’uso di una specie di rete forata, che viene messa tra
la sorgente del raggio di elettroni e lo schermo. È chiaro che la
nitidezza dell'immagine sullo schermo dipende parecchio da questa maschera
(peraltro messa a punto inizialmente per la realizzazione dei cinescopi
a colori): si tenga conto che vi sono dei modelli di cinescopio in cui
questo dispositivo arriva a raccogliere il 70, o anche l'80~k della corrente
emessa dal catodo!
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Figura
5 - C’è stato un periodo
(fino a pochissimi anni fa) in cui pareva affermarsi la tendenza ad un aumento dell’angolo di deflessione. Questo aumento portava infatti ad una riduzione nell’ingombro in profondità dei mobili. Qualche costruttore dichiarava entusiasticamente che prima o poi (per questa via) si sarebbe arrivati agli schermi piatti... la storia ha invece invertito ben presto la tendenza, e si è tornati presto ad angoli più piccoli (vedi fig. 6). |
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Figura
6 - Lo schermo televisivo
classico è a sezione di sfera, (come a destra) perché se fosse piatto, l’immagine risulterebbe sfocata al centro (nel caso dello schermo posto a destra) o ai bordi (nel caso dello schermo rappresentato dalla riga rossa posta a sinistra). |
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Per
evitare questa sfocatura,
i più comuni «schermi piatti» sono stati ottenuti soprattutto spostando indietro il generatore di elettroni, e quindi aumentando la sfera di cui il cinescopio rappresenta una sezione (figura in basso). Questo ha comportato evidentemente un aumento dell’ingombro in profondi'. |
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Figura
7 - La maschera posta
dietro il teleschermo è un dispositivo di ' grande importanza, per permettere di ottenere un raggio delle giuste dimensioni e soprattutto collimato in modo eccellente, in modo che vada a colpire i fosfori a cui è diretto senza debordare su quelli vicini. Il raggio di elettroni non ha I ‘..evidentemente un suo colore, e se colpisce due fosfori diversi produce comunque un colore ' composto da questi due, anziché quello voluto e codificato originariamente. |
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SULLA
DEFINIZIONE NON SI DICE
MAI ABBASTANZA Potrei definire estemporaneamente la «risoluzione» come
la capacità di un apparecchio o di un sistema di rendere dei particolari
minuti nell’immagine.
Come
la si misura
I due modi che si usano nel mondo video per definire la definizione
sono rispettivamente il numero di linee, e il numero di pixel.
Diciamo
«bianco» al bianco;
Il «contrasto» è evidentemente dato dalla differenza tra il punto più «nero» del teleschermo, e quello più «chiaro» (vedi nota). standard usato (es. 520 nell’NTSC americano o giapponese, 625 nello
standard PAL o SECAM, 1125 nell’alta definizione proposta dagli europei...)
mentre quella orizontale è legata alle possibilità delle
macchine o comunque dei prodotti usati, oltre che a quelle dello standard.
A
cosa corrisponde?
In pratica, nel nostro sistema televisivo, è direttamente proporzionale
alla banda passante.
r =80xBV dove r è la risoluzione, 80 è un numero fisso, BV è la banda video. È facile dedurre che una banda di 4,2 MHz permette una risoluzione
massima di 336 linee: meno di quella permessa dal Super VHS!
Per aumentare il contrasto, si può dunque aumentare la luminosità dei punti più chiari; ma questo porta ad alcuni problemi, ed ai problemi più disparati, che vanno dal-l’aumento delle radiazioni nocive (raggi X) - fino alla diminuzione della durata del cinescopio stesso, salvo particolari sistemi di ne tra definizione ed estensione della risposta in frequenza.
Frequenza
e risoluzione
È già stato detto che la variazione di luminosità
di ciascun punto del teleschermo viene resa da una variazione del raggio
di elettroni; ed è facile intuire dunque che vi sia un rapporto
diretto tra l’andamento dell'onda elettrica che pilota il raggio di el'ettroni,
e la maggiore o minore luminosità di ciascun punto del-l'immagine.
E nel cinescopio,
Naturalmente, ci riferiamo al cinescopio a colori. Nel cinescopio in
bianco e nero le cose erano molto più semplici, perché bastava
una stesura uniforme di materiale adatto: l’area luminosa era quella col-
pita dal raggio; e la risoluzione era dovuta praticamente solo alle
dimensioni di quello.
sia rendendo proprio più «nero» il nero del cinescopio.
a parità di superficie ce ne starebbero meno. È anche
intuitivo il fatto che un cinescopio a colori non può essere così
«definito» come uno monocromatico; in quest’ultimo, ogni punto
è un elemento completo; mentre nel caso di quello a colori un elemento
è costituito da una sottodivisione in tre parti, e comunque il contorno
di ciascuna tripletta è meno regolare di quella di un punto solo,
di un colore solo e su una superficie uniforme. Le caratteristiche che
«fanno» la definizione di un TV sono dunque in sostanza: a)
le dimensioni, la regolarità, la vicinanza delle triplette colorate;
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Una delle innovazioni più importanti di tutta l’evoluzione del cinescopio a colori è stata l’adozione di schermi piatti, e dotati di angoli molto squadrati. Si tratta di un’innovazione di carattere estetico, ma che non manca di conferire una sensazione che è stata definita «gradevole» dalla generosità delle persone.
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Dall’introduzione del cinescopio «in line», l’innovazione più importante fin ai nostri giorni che incide direttamente sulla qualità dell'immagine, rimane probabilmente'quella chiamata «black matrix». È stata adottata prima sui cinescopi giapponesi, e recentemente anche sul cinescopio Trinitron e da costruttori europei (Thompson). Consiste nel frapporre tra i , fosfori di diverso colore, delle strisce di grafite. Esse hanno innanzitutto il compito di , assorbire il piccolo alone che si forma sui fosfori vicini, e di rendere l’immagine più nitida e contrastata. |
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Un effetto interessante della tecnologia «black matrix» è quella operata sulla riflessione della luce presente nell’ambiente: la grafite assorbe la luce incidente anche frontalmente, e ne risulta che la quantità complessiva della riflessione è più bassa. Come illustrato in figura, la riduzione può raggiungere anche valori consistenti. |
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CINESCOPI
Delta
I primi cinescopi a colori in vendita al pubblico erano chiamati «a
delta» per-ché i puntini di fosforo erano disposti a formare
dei piccoli triangoli; era una formazione che ricorda la lettera «delta»
dell’alfabeto greco. Anche i tre generatori di elettroni erano disposti
secondo questa conformazione e ciascuno dei reggi prodotti colpiva dunque
un tipo di fosforo (rosso, verde, blu). Ogni tanto bisognava «ritirare»
la convergenza dei raggi, perché si disallineava-no facilmente,
colpendo in parte anche i fosfori di altro colore e comunque generando
colori sfalsati e immagini non nitide.
In
line
La totalità dei cinescopi in vendita al pubblico oggi sono invece
«in line», in quanto i tre fosfori con i colori primari non
sono posti a triangolo come quelli visti sopra ma allineati, uno a fianco
dell'altro.
Il
«Trinitron»
L'unica azienda che non produce cinescopi «in line» (tra
quelle che costruiscono cinescopi per il pubblico televisivo) rimane al
giorno d’oggi l‘a Sony, che costruisce un apparato particolare, chiamato
«Trinitron». Occorre dire che il cinescopio Sony è molto
vecchio; e – riandando a quei tempi – ci si chiede come si potessero vendere
dei cinescopi «delta» quando questo tipo era di una superiorità
schiacciante.
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Le
differenze più significative del 7rinitron Sony, rispetto al cinescopio
degli altri costruttori, è il fatto che lo schermo non viene illuminato
filtrando il raggio con una maschera «a fori», ma a strisce
verticali. Negli altri cinescopi, è facilmente verificabile che
i fosfori sono spesso disposti come-delle piccole aree rettangolari poste
circa una a fianco dell’altra. Nel caso del Trinitron i fosfori dei tre
colori primari sono invece disposti a bande verticali che percorrono dall'alto
in basso tutto lo schermo.
Vi
sono tuttavia acuni costruttori che si sono adeguati al sistema di Trinitron,
che usa una lente unica.
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--------------------------------- | IL
CONTRASTO IN FORMULA
Per semplicità, nel testo si parla
di «contrasto» come differenza tra il bianco e il nero. Per
essere un po’ più precisi, e non scandalizzare nessuno per l’eccessiva
approssimazione, occorre dire che il contrasto è basato sul differenziale
tra la luminanza di un oggetto e quella dello sfondo.
----------Lt
– Lb
L t: luminanza dell'oggetto
Ora che abbiamo fatto bella figura con
la formula, possiamo anche dire che un metodo pratico e semplice per indicare
il contrasto, è quello di esprimerlo semplicemente come il rapporto
tra la luminan-za dell’oggetto e quella dello sfondo.
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