IL METABOLISMO
parte terza
 

oltre la dieta : il consumo di energie


Si dimagrisce quando si introducono meno energie di quante se ne spendono. Quindi, quando le spese di energia sono superiori alle entrate, che sono costituite dal cibo. Per ottenere questo risultato, si possono seguire due strade: ridurre la quantità di energie introdotte col cibo (è la dieta), oppure aumentare le spese.

  Molti preferirebbero aumentare il dispendio di energie che non dover seguire una dieta. In altre parole, molti preferirebbero mangiare quello che vogliono ed andare di più a sciare, o in piscina. L’aumento delle spese da solo tuttavia non ha mai dato dei grandi risultati, perché pare che aumentando le spese si aumentino anche le richieste, e venga più fame.

Ma anche seguire una dieta rigorosa (diminuire le entrate) può essere inutile se si riducono le spese, ossia se si fa una vita più sedentaria. Occorre sempre abbinare le due cose. La maggior parte di queste pagine è dedicata alla dieta: non posso mancare di fare un discorso anche sul dispendio di energie.

La domanda è: quante calorie si spendono se uno aumenta l’attività fisica?

I fisiologi dimostrano facilmente come il consumo di energie cresca rapidamente al crescere dell’attività fisica; e d’altra parte questa attività più o meno intensa è distribuita in modo molto disuguale a seconda dello stile di vita, del tipo di lavoro, delle abitudini di ciascuno.
Vi sono persone che hanno un lavoro relativamente pesante e che nel tempo libero praticano dello sport, che possono avere un consumo di energie doppio rispetto ad altri che conducono una vita sedentaria: ad esempio, lavorano in casa e non praticano sport, si muovono in macchina, eccetera. Il che vuol dire che hanno bisogno del doppio di energie o (se preferite) possono mangiare il doppio senza ingrassare. Il doppio non è poco....

Quindi, coloro che si ritrovano nel secondo caso, per dimagrire basterebbe che mangiassero le stesse cose e che si sostituissero alle persone del primo caso... O anche solo che aumentassero l’attività fisica a parità di alimentazione.

Per analizzare il dispendio di energie con una ragionevole accuratezza, la giornata viene spesso divisa in tre parti: la prima è dedicata al riposo,
la seconda ad un’attività di svago o di relazioni interpersonali,
la terza ad un’attività lavorativa.

1-Il primo periodo è caratterizzato da un dispendio di energie che dipende dal metabolismo basale della persona esaminata, ma si hanno degli scartamenti relativamente ridotti. Il “metabolismo basale” è un valore molto interessante ma che richiederebbe un certo approfondimento: metto una nota a piè pagina, intanto si può andare avanti.

2-Studi condotti sul secondo periodo indicano delle variazioni più consistenti, e piuttosto difficili da quantificare: si usa spesso tuttavia un valore unico ottenuto su base statistica, che viene applicato a tutti. In genere si calcola il secondo periodo come caratterizzato da un aumento del 30-35% rispetto a quello del metabolismo basale. Quindi, il consumo a riposo aumentato di un terzo.

1-Il terzo periodo è quello che presenta le maggiori variazioni, ma non è così difficile da quantificare come nel secondo. Sono infatti state composte delle tabelle che riportano dei valori per ciascun tipo di lavoro, che permettono di ottenere un dato che ha un’approssimazione ancora accettabile. Un lavoro normale (anche se non particolarmente pesante) può comportare un aumento delle spese energetiche anche del triplo rispetto alle condizioni di riposo. A questo punto occorre aggiungere eventuali periodi di dispendio energetico intenso (ad esempio, sport) e distribuire questi valori per il tempo per i quali sono validi.

Ad esempio,

fase a
1-si può attribuire un dispendio energetico nei periodi di riposo che si avvicina alle 40 Kcalorie per metro quadro di superficie corporea per ora.
2-Si può attribuire al secondo periodo un dispendio medio di 52 Kcalorie per metro quadro di corpo per ora.
3-al terzo periodo si può attribuire un valore di 134 Kcal/mq/ora.

fase b
si calcola la superficie corporea della persona in oggetto.
Immaginiamo di avere una persona con una superficie corporea di 1,7 mq.

fase c
si attribuiscono le durate dei periodi: ad esempio, 8 ore per il sonno, 8 ore per la comune vita di relazione, 8 ore di lavoro.
In questo caso si avrebbe:
 

I=40 (Kcal/mq/ora) x 1,7 (mq di sup. corporea) x 8 (ore) = 544 Kcal

II=52 (Kcal/mq/ora) x 1,7 (mq di sup. corporea) x 8 (ore) = 707 Kcal

III=134 (Kcal/mq/ora) x 1,7 (mq di sup. corporea) x 8 (ore) = 1824 Kcal.

Il totale è di 3075 Kcalorie.
 

Si è anche osservato che i vari cibi inducono comunque un aumento calorico in modo indipendente dall’attività svolta, e quindi si aggiunge un 10% in più.

Da queste note risulta che un aumento dell’attività fisica ha un ruolo enorme nel bilancio tra entrate e uscite di energia. L’aggiunta di un’ora al giorno di attività fisica intensa (ma anche un’ora in più o in meno di sonno o di lavoro) possono cambiare radicalmente il quadro delle richieste energetiche. Quindi, un cambio di abitudini (ad esempio, compensando un lavoro sedentario con la pratica di uno sport) possono cambiare in modo importante il bilancio totale.

nota sul metabolismo basale 

Il corpo aumenta la necessità di energie a seconda dell’attività svolta: si spendono più energie quando si corre che non quando si dorme. Ma naturalmente anche quando si dorme in condizioni ottimali (ad esempio, ad una temperatura adeguata) si spendono energie. Sono le energie necessarie alle funzioni vitali: alla circolazione sanguigna, al respiro, ai vari processi chimici che si svolgono nell’organismo, e così via.
Il valore di questo dispendio di energie a risposo può variare in modo più o meno rilevante da persona a persona, e (nell’ambito della stessa persona) può cambiare in modo enormemente maggiore a seconda di diversi fattori, tra cui l’influsso di ormoni. Tra questi fattori è importantissimo il ruolo svolto dagli ormoni prodotti dalla tiroide, una ghiandola collocata nel collo.
Il metabolismo basale delle varie persone (nei vari stadi della vita, e in diverse condizioni) può essere misurato nei comuni laboratori di analisi misurando il consumo di ossigeno tramite un’apposita macchina. Questo metodo è chiamato “calorimetria indiretta”, in quanto si calcola il calore sulla base dei risultati della combustione (anidride carbonica nell’aria respirata).
I cibi infatti vengono “bruciati” in modo analogo a quanto avviene in altri casi...
Ad esempio, se si brucia un tronco di legna si consuma ossigeno e si produce anidride carbonica (due atoni di ossigeno e uno di carbonio).
Il legno ha una composizione chimica del tutto analoga al componente maggiore della dieta (farinacei e zuccheri) e quindi si potrebbe approssimare il consumo energetico dell’uomo a questa reazione chimica: si consumano gli alimenti combinando carbonio con l’ossigeno.
Controllando dunque con un apposita macchina la percentuale di ossigeno consumato e trasformato in anidride carbonica, si può controllare “quanta” energia si è consumata sulla base del risultato ottenuto dalle reazione. In parole povere, è un po’ come valutare quanta legna è stata bruciata in un caminetto ( e quindi quanto calore si è ottenuto) verificando quanto fumo è stato prodotto. Naturalmente l’esempio zoppica, ma spero renda vagamente l’idea. Per il fatto che non si misura il calore, ma il prodotto (il fumo) da cui si può risalire al calore, ecco che questo metodo viene chiamato “indiretto”.
Esaminando l’anidride carbonica prodotta dalla combustione dei cibi, e volendo risalire al calore effettivamente prodotto in maniera un po’ più decente rispetto a quanto si può fare con il caminetto, occorre considerare quanto “renda” in termini di energia ciascun componente dell’alimentazione, a spese del quale si è prodotto il calore, corrispondente all’energia.
Lo si fa calcolando il valore calorico specifico dei tre componenti (glucidi, grassi e proteine), valore che tra l’altro viene riportato in un’altra pagine di questo sito, ma che ripeto qui:glucidi . . . . . . .4,1 cal/grammo,
grassi . . . . . . . 9,3 cal/grammo,
proteine . . . . .4,1 cal/grammo.

Qui si incontra il solito problema delle proteine, che nel corpo non arrivano ad essere bruciate fino in fondo ma si arrestano a livello di urea.
Si risolve il problema con un semplice esame di laboratorio in cui si valuta l’azoto, e si fanno dei calcoli per cui si compensa questa differenza. Si potrebbe anche seguire un’altra strada, quella della calorimetria diretta (ovvero la misura del calore effettivamente prodotto, introducendo l’uomo in una macchina dove si misurano le variazioni di temperatura) ma il primo metodo è comunemente applicato, in quanto ragionevolmente preciso ai fini della misurazione clinica (per fare delle diagnosi) , e molto più semplice del secondo.
Il metodo della calorimetria indiretta descritto per l’esame del metabolismo basale può essere naturalmente applicato anche all’esame del consumo energetico effettuato da una persona durante un’attività più o meno intensa: basta esaminare l’aria respirata (ossigeno e anidride carbonica) e alcuni altri semplici esami alla portata di tutti i laboratori.
 

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