le basi di fisiologia per lo sportivo...

GLI EFFETTI DELL' INTERVAL TRAINING

*Intervallare lo sforzo con dei periodi di recupero consente dunque di poter effettuare uno sforzo più a lungo. Se si sommano i periodi di sforzo in cui si contrae debito di ossigeno, si vede che il tempo totale in cui si è tenuto elevata la prestazione muscolare è molto superiore al periodo che si avrebbe se si fosse lavorato senza intervalli.

*Ma si è visto che i vantaggi dell’interval training non finiscono qui. Dopo molte analisi e misurazioni si è visto che nel periodo di recupero (che per facilitare le cose viene approssimato a 30”) si ha

1-una riduzione dei battiti cardiaci. E’ naturale: dopo il periodo di sforzo, e passando alla fase di riposo, il nuimero dei battiti tende a diminuire.

2-Mentre i battiti del cuore diminuiscono l’ossigeno in viaggio verso la periferia aumenta, perchè al termine dello sforzo il tasso di ossigeno resta alto, ma mancando lo sforzo non si costituisce più altro debito di ossigeno, e quindi il saldo è positivo.

3-il coefficiente respiratorio (rapporto tra tasso di ossigeno e ossigeno consumato) aumenta.

4-una riduzione del numero di respirazioni, perchè cessa l’affanno tipico dello sforzo massimo. Le respirazioni diventano in numero minore, e divengono più profonde.
Un numero di respirazioni inferiore ma con maggior profondità permette di avere una respirazione più efficiente, mentre una respirazione più superficiale offre la minor efficienza. (vedi al nota sul “caput mortuum” nella pagine successive).

5-Vi è una leggera diminuzione della pressione massima (o “sistolica”, che sarebbe quella dovuta alla forza del cuore che spinge il sangue nelle arterie) e una più significativa diminuzione della pressione diastolica (o pressione minima, che corrisponde alla resistenza dei vasi sanguigni).

6-Si ha come risultato un aumento della pressione differenziale, ovvero si ha una distanza maggiore tra la pressione massima e quella minima.
Si ha dunque un aumento del debito cardiaco, e il cuore a lungo andare diventa ipertrofico (cuore d’atleta). Il cuore insomma diviene fisicamente più grande, e con una maggior capacità di reggere lo sforzo a lungo (quello sforzo che grazia all’interval training può essere mantenuto “ più a lungo” che in condizioni di sforzo continuo), perchè è in grado di gestire una maggior quantità di sangue.
Di conseguenza, quando le necessità sono regolari (quelle della vita di tutti i giorni) per far girare il sangue sufficiente basta un numero di battiti inferiore.

Ecco spiegato perchè gli atleti molto allenati tendono ad essere “bradicardici”, ovvero ad avere un numero di battiti cardaici al minuto più basso rispetto a quello che si ha nei soggetti normali, non atleti o non allenati. Sull’interval training è stato detto che l’atleta “allena i muscoli durante lo sforzo, e il cuore durante le pause”.


In che rapporto devono essere i periodi di recupero con i periodi di sforzo? O meglio, cosa succede da un punto di vista del metabolismo quando si aumentano o diminuiscono i periodi di riposo rispetto a quelli di sforzo?
Uno studio fondamentale fu quello di Christensen, riassunto nella pagina seguente.

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