(SEGUITO)
Arrivati a questo punto, eccoci a portare alcuni esempi su come possono
comparire o essere certificate miracolosamente le antiche reliquie, posto
che praticamente nessuna può dimostrare la propria autenticità
in base alla conoscenza dei singoli passaggi. Questi passaggi certi si limitano
infatti alle reliquie più recenti, ad esempio, a quelle di Padre
Pio, di Don Orione, di Papa Giovanni... ma se risaliamo nei secoli iniziano
ad esservi tanto reliquie ragionevolmente certe (il corpo di San Carlo Borromeo,
i corpi tumulati nelle tombe delle cattedrali...) quanto reliquie del tutto
incerte. E' qui che incontriamo una normale certificazione dovuta sia alla
lunga tradizione oppure (ed è la strada più breve) quella
del miracolo.
Il miracolo che conferma l'autenticità della grande reliquia è
addirittura qualcosa di più che un certificato di autenticità
delle reliquia. Se il corpo di un santo veniva traslato (per furto o per
donazione, per acquisto per qualunque altro mezzo) in una città per
proteggerla e farla potente, il fatto che avvenga qualche miracolo non indica
solo la sua autenticità, ma anche la sua inclinazione a far miracoli,
ovvero 1-a proteggere la città 2-a concedere grazie ai ricorrenti.
Avere in città una salma che non concede grazie è insomma
una sorta di fregatura che non può dirsi seconda a quella della non
autenticità.
Vediamo alcuni semplici esempi di come l'evento straordinario può
certificare la reliquia (e la sua buona predisposizione ai miracoli)
Ritrovamenti a causa di sogni: il caso di Sant'Jago de Compostela
Si
è detto che molti ritrovamenti sono dovuti a un sogno. Il sogno rivelatore
è fortemente radicato anche nella civiltà precristiane (Zeus
o Giove mandano sogni, compreso quello secondo cui Cesare non avrebbe dovuto
recarsi in senato alle idi di marzo, e fece male a non dargli retta, perchè
vi trovò la morte). Il sogno rivelatore o premonitore è presente
anche nella Bibbia, vedasi in caso dell'angelo che appare in sogno a Giuseppe
e gli dice di andare in Egitto affinché Gesù possa sfuggire
alla “strage degli innocenti”.
Successivamente, sono numerosi i ritrovamenti miracolosi di una insigne reliquia
dopo un sogno che si pensa ispirato da Dio, angeli o santi.
Tra questi spicca il ritrovamento del corpo dell'apostolo San Giacomo. Vi
è una leggenda con diverse varianti, per lo più di importanza
secondaria. Nella forma più radicata l'apostolo fu martirizzato a Gerusalemme,
nel 44, per decapitazione. Il corpo venne affidato dai suoi discepoli al mare,
dove percorse migliaia di chilometri e dove (dopo varie peripezie) fu restituito
alla terra ferma presso le coste della Galizia. Secondo alcune versioni la
barca era guidata da un angelo. Qui (siamo ormai ai tempi di Carlo Magno,
nell'813) un monaco (Pelagio) fu avvisato in sogno da un angelo, e la notte
vide delle stelle cadere su un campo. Avvisò a sua volta il vescovo
di competenza (tale Teodomiro) che (dopo opportune ricerche) trovò
il corpo di san Giacomo. Che divenne sant'Jago, mentre il posto divenne Compostela
che (sempre secondo la leggenda) deriva proprio da “campus stellae”,
ovvero “campo della stella”.
Qui nacque il primo santuario, poi ampliato più volte fino a quello
presente. Su questo santuario si innesta un fenomeno straordinario: nei secoli
un numero enorme di pellegrini raggiunse questa località con ogni mezzo,
al punto che non solo Santiago è stato fino ai nostri giorni una delle
maggiori mete di pellegrinaggio di tutti i tempi, ma costituisce un fenomeno
che permea la storia dell'occidente.
Il santo viene di solito raffigurato come un cavaliere guerreggiante che,
con la spada sguainata, ammazza gente senza pietà. La figura di San
Giacomo si identifica infatti con il simbolo della reconquista, dell'occidente
che riconquista le terre occupate dagli arabi. Il santo è così
presentato come l'ispiratore della guerra contro i mori, e chiamato dunque
matamoros, ovvero uccisore di mori. Vi è un'altra leggenda, secondo
cui il sogno non sarebbe invece toccato all'eremita ma a Carlo Magno in persona,
e in questo sogno il santo lo avrebbe incitato a seguire la via delle stelle
(la Via Lattea, perché occorre pur fare entrare una qualche stella)
per riconquistare i territori spagnoli occupati. Questa seconda leggenda accentua
ancor di più la figura dell'apostolo matamoros, che sarebbe stato anche
visto in battaglia a far carneficina di infedeli.
Ritrovamenti durante pubbliche cerimonie
Sant'Ambrogio
(uno dei fondatori del cristianesimo) era afflitto dalla scarsità dei
corpi di martiri (e di santi) che si trovavano a Milano, forse a causa persecuzioni
scarse e svogliate. Non perdeva occasione per cercare di reperire nuove reliquie,
le cercò durante un suo viaggio a Roma, ma tornò con poca roba.
Fu più fortunato quando si recò a Bologna per non incontrare
l'imperatore Eugenio. Da qui tornò per lo meno col corpo di un santo.
Visto che questi santi e martiri erano di così difficile importazione,
non mancò di scavare a fondo e far saltar fuori quei pochi che dovevano
pur esserci. Di cimiteri e quindi di corpi dei defunti naturalmente ce n'erano
a volontà, il problema era quello di stabilire se tra tutti questi
defunti di utilità irrilevante c'era il corpo di un qualche santo.
Identificazione molto problematica, per non dire insolubile. L'unica era proprio
quella di un qualche miracolo. Ecco che furono imbandite delle solenni ricognizioni,
in cui i morti che erano santi mostravano qualche prodigio (es. alzavano una
mano) cosa che autocertificava la loro identità.
Era
piuttosto imbarazzante per Ambrogio aver fatto costruire una bella basilica
e non avere un santo degno di esservi ospitato. A quanto pare la costruzione
era finita ma mancava qualcosa di fondamentale per poterla consacrare degnamente:
una reliquia insigne.
Due dei pochi martiri milanesi furono i leggendari gemelli Gervasio e Protasio,
forse martirizzati sotto Diocleziano, che fece di Milano la capitale dell'Impero
romano d'occidente. Non erano passati secoli, ma già ai tempi di Ambrogio
della loro sepoltura si era persa ogni traccia (secondo qualcuno semplicemente
perché non erano mai esistiti.).
Scrive sant'Ambrogio:
« Penetrò in me come l'ardore di un presagio. In breve:
il Signore mi concesse la grazia. Nonostante che lo stesso clero manifestasse
qualche timore, feci scavare la terra nella zona davanti ai cancelli dei santi
Felice e Nabore » (Ambrogio, Lettera 77 a Marcellina, 1-2)
Davanti
a questa ispirazione (il biografo Paolino parlerà di “presagio”)
ecco che Ambrogio il 17 giugno del 386 fa compiere uno scavo e trova i corpi
di «due uomini di straordinaria statura», dei quali «tutte
le ossa erano intatte, moltissimo era il sangue». All'immediato concorso
dei fedeli seguì la profumazione dei corpi e il trasferimento nella
basilica di Fausta. Poi le salme vennero traslate nella nuova basilica (chiamata
perciò Basilica martyrum e attualmente intitolata a Sant'Ambrogio stesso).
Con la deposizione delle reliquie di Gervasio e Protasio nella nuova basilica,
Ambrogio introdusse, per la prima volta nella tradizione della chiesa occidentale,
la traslazione dei corpi dei martiri a scopo liturgico, secondo quanto già
in uso in Oriente.
Ma poteva restare qualche dubbio: la “straordinaria statura” e
l'abbondanza di sangue magari non erano sufficienti a certificare che si trattasse
di due santi.
Ed ecco allora la certificazione in forma di prodigio: lo stesso Ambrogio
narra che durante la processione a cui partecipavano moltissime persone, un
cieco che si chiamava Severo, toccando le vesti che coprivano i corpi, riacquistò
miracolosamente la vista. Questo non solo certificò che i corpi erano
quelli dei santi, ma anche la loro inclinazione a fare miracoli. Fu così
che un paio di giorni dopo (il 19 giugno) Ambrogio consacrò ufficialmente
quella che da ora poteva a ragione definirsi e chiamarsi la Basilica martyrum
con la deposizione delle reliquie di Gervasio e Protasio in un loculo sotto
l'altare della Basilica stessa. Là dove (dopo rifacimenti e risistemazioni)
si trovano ancora.
Quando la grazia è il ritrovamento stesso
Nella seconda parte di questo testo si è visto come molte reliquie
sono altamente specializzate contro certi mali: quelle di santa Appollonia
contro i mal di denti, quelle di Sant'Agata esposte per fermare la lava vulcanica,
il panno di Edessa contro gli assedianti, San Giacomo contro i mori, Santa
Rosalia contro la peste, ecc. ecc., oppure specializzati in certi eventi desiderati:
sant'Antonio che fa ritrovare gli oggetti smarriti, il sacro prepuzio che
proteggeva i parti, ecc. ecc.
Ed ecco che a volte queste “indicazioni” traggono proprio la loro
origine non tanto da come è stato martirizzato il santo (a sant'Apollonia
furono strappati i denti – quindi protegge i denti; a Santa Lucia sarebbero
stati strappati gli occhi – quindi sarebbe la protettrice della vista...)
ma da quel che è successo in occasione del ritrovamento delle reliquie.
Un caso classico è citato più sopra, quello di santa Rosalia:
mentre infuriava una terribile epidemia, la santa apparve infatti in sogno
ad un cacciatore indicandogli dove avrebbe potuto trovare i suoi resti in
una spelonca del Monte Pellegrino, che portati in processione in città
fermarono l'epidemia. Fu nominata patrona spodestando santa Cristina, santa
Oliva, santa Ninfa e sant'Agata che il miracolo non l'avevano fatto. La traslazione
di alcune reliquie di Santa Rosalia a Pegli, città anch'essa afflitta
dalla peste, produssero lo stesso prodigio, consacrandola così come
una santa “specializzata”.
Siccome nel frattempo contro la peste si sono ritrovati rimedi più
banali, oggi il culto si manifesta in altro modo. La leggenda racconta che
il conte Baldovino salvò il re Ruggero da un animale selvatico che
lo stava attaccando, e quindi il re volle ricambiarlo con un dono. Baldovino
chiese in sposa Rosalia. Ma questa, il giorno delle nozze, si presentò
al re con le trecce tagliate affermando di volersi dare alla vita religiosa.
Non si sa il perché ma, a causa del suo rifiuto del matrimonio, a Palermo
vi è l'usanza per gli sposi novelli di salire al suo santuario, quasi
che la santa sia propizia ai matrimoni degli altri visto che ella non volle
contrarre il proprio.Le reliquie assumono un tale valore autonomo che il miracolo
non può corrispondere ad una grazia comune (es. il cieco che vede)
ma la grazia sta semplicemente nel ritrovamento stesso. Una mamma di Gallipoli
sognò sant'Agata. Al suo risveglio il proprio bambino teneva le labbra
serrate e non voleva aprire la bocca. Il miracolo non è questo anche
se a volte (soprattutto quando qualche bambino urlante siede accanto a voi
in treno o al ristorante) questo sarebbe il miracolo che più desiderate.
Disperata la mamma tentò tutti i modi per far aprire la bocca al bambino
senza risultato, fin che -avendole provate tutte- si rivolse al vescovo. Questi
iniziò a declamare le litanie dei santi, e quando arrivò a sant'Agata
il bimbo aprì la bocca e ne uscì un capezzolo. Che era evidentemente
quello di sant'Agata, ancora oggi conservato dai francescani di Gallipoli.
Ritrovamenti che generano una festa perenne non nel giorno di un santo ma nel giorno specifico del ritrovamento
Il
9 maggio 1105 si registra a Milano il ritrovamento di preziose reliquie presso
S. Maria alla Porta:
1-una parte del sudario di Gesù e della sua sindone,
2-un pezzo della pietra su cui era stato seduto l'angelo annunciante la resurrezione,
3-una scheggia della croce, e (già che ci siamo)
4-un frammento della veste della Madonna. Un bel problema fissare una festa
per i santi a cui corrisponde un assortimento così scombinato. Cosa
si fece? Si decretò una festa nel giorno del ritrovamento sotto il
titolo di S. Salvatore. Per attirare fedeli si istituì un mercato esente
da tasse (curandia). Il diritto di mercato e la sua tutela erano esercitati
dalla civitas. In questa festa si celebrava una solenne processione che partiva
dalla cattedrale a S. Maria alla Porta e veniva caratterizzata da fronde verdi
e candele accese, al canto di agios, agios, per cui, scrive Landolfo, "dicitur
festum de agios, quod est nomen Dei". Il tipo di reliquie e il nome della
festa rimanda ad un origine orientale, forse approdata a Milano per via delle
crociate.
Il ritrovamento come premio: dopo preghiere e digiuno che purificano i cercatori
Un prete e i suoi collaboratori vennero in Italia a cercare le reliquie di san Benedetto. Montecassino era in rovina e si trovarono a cercare inutilmente.
...
fu del tutto incapace di individuare il sepolcro finché lui ed i suoi
compagni non si furono santificati con due o tre giorni di digiuno. Allora
il loro cuoco ebbe una rivelazione in un sogno [...] trovarono una lastra
di marmo che dovettero tagliare. Finalmente, spezzata la lastra, rinvennero
le ossa di S. Benedetto e, sotto un'altra lastra, quelle di suoi sorella;
poiché (come pensiamo) il Dio onnipotente e misericordioso volle che
fossero uniti nel sepolcro come lo furono in vita, in amore fraterno ed in
carità cristiana. Dopo avere raccolto e pulito queste ossa le avvolsero,
una ad una, in un fine e candido tessuto, per portarle nel loro paese. Non
fecero menzione del ritrovamento ai Romani per paura che, se questi avessero
saputo la verità, indubbiamente non avrebbero mai tollerato che reliquie
così sante fossero sottratte al loro paese senza conflitti o guerre
di reliquia, il che Dio ha reso manifesto, affinché gli uomini potessero
vedere come grande era il loro bisogno di religione e santità, mediante
il seguente miracolo. Avvenne cioè che, dopo un pò, il lino
che avvolgeva queste ossa fu trovato rosso del sangue del santo, come da ferite
aperte di un essere vivente. … da C.G. Coulton, Life in the Middle Ages,
(New York: MacMillan, c.1910), Vol IV, 29-31.
Ecco un caso in cui per il ritrovamento del santo è richiesta la purificazione dei cercatori, e il ritrovamento diviene quindi un premio che non può essere concesso a chiunque. L'autore nel resto testo (qui non riportato) indugia sul fatto che l'imbeccata viene da un cuoco, e riporta brani della Scrittura cui si dice che la rivelazione avviene agli umili. Se non ostante questo evento e la scritta sulla tomba, qualcuno continuasse a nutrire dei dubbi sulla reliquia, ecco una conferma molto tipica che si riscontra anche in altri casi: la reliquia si mette a grondare sangue. Il cronista accenna al fatto che le reliquie possono essere causa di conflitti e “guerre di reliquia”.
Sant'Jago "matamoros". E' rappresentato ocme un alfiere che falcidia i musulmani (in basso, con la testa sanguinante). Notate sul mantello e sullo stendardo la croce "a piede acuto" di cui si parlerà successivamente, e che potrebbe essere un simbolo a metà tra la croce e la spada. (immagine tratta da una cartolina postale)