Cenni alla reliquia della vera croce
Un esame anche sommario di cosa rappresentò questa reliquia porterebbe
a riempire più di un volume solo su questo. Si pazienterà
dunque se qui non si porteranno che semplici annotazioni. Una delle certificazioni
più complesse fu infatti quella della croce di Cristo. Rispetto a
tutte le altre croci (magari solo rappresentazioni della passione) la croce
specifica su cui fu appeso fisicamente Cristo venne chiamata “la vera
croce”. E' una reliquia fondamentale, che percorre molti secoli, considerata
spesso uno degli oggetti più sacri rimasti sulla Terra, assieme a
quella stravaganza leggendaria che fu il santo Graal, di cui tutti parlano
ma non si sa bene neanche cosa fosse (la coppa in cui venne raccolto il
sangue di Cristo crocifisso? E perché sembra più santo e potente
il calice del sangue stesso? Era invece il calice dell'ultima cena? O servì
a entrambe le cose?)
La
storia delle croce inizia ai tempi di Costantino. Il “ritrovamento”
appartiene alla classe che abbiamo definito di “certificazione mediante
miracolo”.
Sant'Elena (la madre dell'imperatore Costantino) arriva a Gerusalemme e
(quel che è e quello che non è) saltano fuori tre croci. Sono
quelle usate per la crocefissione di Cristo e dei due ladroni? Chissà.
E se sì, quale è quella di Cristo è quale quelle dei
ladroni? Sarebbe stato imbarazzante l'adorazione della croce di un malfattore.
Ecco trovata la soluzione: grazie al cielo a Gerusalemme c'è una
donna di alto lignaggio che è molto malata (a quanto pare delle serve
e delle donnacce non c'è da fidarsi, è noto che si ammalano
e guariscono in tempi del tutto inopportuni). Alla nobildonna malata appoggiano
sopra la prima croce: niente. Gli appoggiano la seconda: niente. Gli appoggiano
la terza, e quella guarisce. In poche parole, con questo semplice espediente
tutto è risolto. L'evento è di tale importanza che si fissa
addirittura la festa annuale dell'Invenzione della Santa Croce. Di questa
leggenda ci sono diverse citazioni, riportiamo qui quella di Teodoreto (morto
intorno al 457)
Quando l'imperatrice scorse il luogo in cui il Salvatore aveva sofferto,
immediatamente ordinò che il tempio idolatra che lì era stato
eretto fosse distrutto, e che fosse rimossa proprio quella terra sulla quale
esso si ergeva. Quando la tomba, che era stata così a lungo celata,
fu scoperta, furono viste tre croci accanto al sepolcro del Signore. Tutti
ritennero certo che una di queste croci fosse quella di nostro Signore Gesù
Cristo, e che le altre due fossero dei ladroni che erano stati crocifissi
con Lui. Eppure non erano in grado di stabilire a quale delle tre il Corpo
del Signore era stato portato vicino, e quale aveva ricevuto il fiotto del
Suo prezioso Sangue. Ma il saggio e santo Macario, governatore della città,
risolse questa questione nella seguente maniera. Fece sì che una
signora di rango, che da lungo tempo soffriva per una malattia, fosse toccata
da ognuna delle croci, con una sincera preghiera, e così riconobbe
la virtù che risiedeva in quella del Signore. Poiché nel momento
in cui questa croce fu portata accanto alla signora, essa scacciò
la terribile malattia e la guarì completamente » [Teodoreto
da Cirro, Storia ecclesiastica, Capitolo XVII]
La vera croce viene lasciata a Gerusalemme, in modo che lì possa
si custodirla e esporla all'adorazione dei fedeli. Durante la cerimonia
dell'adorazione i fedeli si avvicinavano e la baciavano. Dei diaconi stavano
ben attenti disposti attorno alla croce e la sorvegliavano, perché
non sono mancati degli sciagurati che (fingendo di baciarla) con i denti
ne avevano strappato un brandello per poterselo portare a casa. Sant'Elena
naturalmente non ebbe bisogno di ricorrere a questi stratagemmi meschini
che per altro lavrebbero messo a dura prova la sua dentatura, visto che
quando tornò da Gerusalemme aveva 80 anni. Un bel pezzo se la portò
via insomma senza dover usare i denti e la consegnò all'adorazione
dei fedeli di Costantinopoli. La vera croce (ed anzi entrambe queste parti)
iniziò le sue varie peripezie, venne suddivisa in ulteriori parti
che comparirono e scomparvero, quella di Costantinopoli venne portata via
dai Persiani e l'imperatore Eraclio tredici anni dopo (nel 628) la riconquistò,
quella di Gerusalemme sparì nel 1187 in occasione delle conquista
di della città ad opera del Saladino. Ma pazienza: intanto prosegue
l'incessante cammino delle infinite frammentazioni e suddivisioni macroscopiche
e microscopiche del legno della croce, fin che questo legno ha riempito
le chiese di tutta la cristianità. Al punto che questo enorme quantità
di reliquia della croce è stato di scandalo a più di una persona.
Scrive Giovanni Calvino:
Di nuovo, consideriamo quanti frammenti [della croce] siano sparpagliati
qua e là per il globo. La semplice enumerazione di quelli che io
ho registrato riempirebbe senz'altro un grosso volume. Non vi è città,
per quanto piccola, che non abbia un frammento, e ciò, non
soltanto nella chiesa principale, ma anche nelle chiese parrocchiali. Non
vi è abbazia, per quanto povera, che non ne abbia un campione. In
alcuni luoghi esistono frammenti più grossi, come a Parigi nella
Santa Cappella, o a Poitiers e a Roma, dove si dice che un crocifisso di
una certa grandezza sia interamente formato da essi. In breve, se tutti
i pezzi rintracciabili fossero radunati insieme, formerebbero un bei carico
per una nave, benché l'Evangelo affermi che una sola persona fu in
grado di portarla [la croce]. Che sfrontatezza, quindi, riempire tutto il
mondo di frammenti che richiederebbero più di trecento uomini per
trasportarli!... Non contenti, poi, di imporsi ai rozzi e agli ignoranti,
mostrando un pezzo di legno comune come se fosse il legno della croce, essi
l'hanno in effetti dichiarato degno di adorazione. Questa dottrina è
assolutamente diabolica
[Giovanni Calvino, Trattato delle reliquie]
In realtà anche a questo problema si sono trovate delle spiegazioni.
Sono spiegazioni con approccio diverso a seconda dell'epoca.
La più fantasiosa è quella di Paolino, che
propone la proprietà “dell'invarianza della croce”. La
reliquia è tanto miracolosa che se ne può togliere tutta la
quantità di legno che si vuole, ma essa si reintegra automaticamente.
Curiosa spiegazione: per spiegare una quantità irrazionale si fa
un salto nel soprannaturale o (se volete) nel magico. [The Catholic Encyclopaedia,
Vol. 4, p. 524]
Una spiegazione
più prosastica (ma più consona ai tempi in cui venne formulata)
viene fornita nel 1870 da Rohault de Fleury, nel suo libro Mémoire
sur les instruments de la Passion (Memorie sugli strumenti della Passione).
Egli compose un catalogo di tutte le reliquie conosciute della vera croce,
dimostrando che, al contrario di quanto affermato da altri autori, i frammenti
della croce, raccolti insieme, ammontano al volume di soli 0,004 metri cubi.
Anche qui il calcolo non è privo di contestazioni.
Un'analisi della reliquia della croce (e tutti gli argomenti correlati)
dovrebbe partire dalle considerazioni su com'era e, di conseguenza, quanto
era grande e quanto pesava questa croce.
E' risaputo che i primi
cristiani (che magari sapevano com'era la croce di Cristo) non la utilizzavano
come simbolo della loro religione, usavano il pesce, a
e questo a causa della famosa assonanza con l'abbeviazione di “ Iesus
Christos Theou Yios Soter” che diviene (ICTYS) che tradotto suona:
Gesù Cristo Figlio di Dio, Salvatore. L'espressione veniva dunque
contratta nella parola "ichthys", ovvero “pesce”.
Anche successivamente (quando il culto di Cristo era permesso) non si usava
la croce, non ostante l'insistente leggenda tarda su Costantino che la fa
dipingere sugli scudi dei suoi soldati e con questa mossa vince la Roma
antica e pagana (al ponte Milvio). Ancora secoli dopo, ai tempi di Costantino
non si usava dunque la croce ma il monogramma costantiniano
di cui si parlerà tra breve. Strana cosa: per secoli nessuno si sogna
di usare la croce come simbolo del cristianesimo, e però (nelle leggende
successive) questi cristiani dovrebbero aver conservato con cura croce di
Cristo, le croci del ladroni, i chiodi usati per Cristo (in questo caso
quelli dei ladroni non contano), lancia, spugna imbevuta d'aceto, e suppellettili
vari.
Non avendo testimonianze specifiche locali, ci si può rifare
all'uso generale in epoca romana.
La croce usata dai romani come strumento di supplizio era tipicamente composta
da due pezzi: un palo che veniva fissato nel terreno (e che restava lì)
chiamato stipes, e un secondo pezzo (chiamato patibulum) costituito da un'asse
forata al centro. Tipicamente era il chiavistello alla porta della casa
del condannato: il foro centrale ruotava attorno a un perno e l'asse (girando
su questo perno) sbarrava la porta fissandola ai lati. Il condannato generalmente
veniva portato sul luogo dove vi era lo stipes legato a questo patibulum.
Probabilmente questo patibulum non era quindi particolarmente pesante, per
lo meno per una persona robusta, ma in questa posizione era facile cadere.
E cadendo la situazione era drammatica perché le braccia erano legate
al patibulum ed era facile battere la faccia. Va da sé che la croce
che viene ritrovata da sant'Elena (con la consulenza di Macario) ben difficilmente
era un patibulum, ovvero l'asse che avrebbe potuto ragionevolmente essere
conservata e nascosta dai discepoli di Cristo. Ve li immaginate voi dei
discepoli che trafugano dei pali perennemente fissati al suolo, e che servivano
normalmente e in modo perenne per le crocefissioni, e che comunque dovevano
essere interrati per bene... e che poi li nascondono tutti e tre (perché
tutti e tre?) sul luogo del sepolcro affinché vengano trovati da
sant'Elena, senza contrassegnare quello di Cristo? Forse che una croce valeva
l'altra? E poi quella storia dei tre chiodi conficcati nella croce... come
han tolto Cristo lasciando i chiodi? Insomma difficile credere che ciò
che ha trovato sant'Elena sia la vera croce.
A secoli di distanza cosa ha dunque trovato questa santa? Qui non si può
fare se non un salto nelle ipotesi, vista la scarsa documentazione sui modi
di crocifiggere nell'area. Qualcuno sostiene che la croce di Cristo era
diversa da quella tipica che abbiamo proposto, altri semplicemente che la
vera croce è stata fabbricata ad hoc nel IV secolo ad uso di Sant'Elena.
Ipotesi in fondo del tutto credibile: con la mentalità dell'epoca,
davanti a una donna così pia e importante, che desiderava tanto queste
sante reliquie, perché non venire incontro alla sua fede?
In ogni caso, vi è una certa discrepanza tra la croce nella sua forma
tipica (a T, con il patibulum ficcato in testa allo stipes) sia nella forma
della “crux commissa”.
La croce simbolo del cristianesimo
arriva più tardi, ma non aveva a che fare con la forma descritta
sopra. Quella che compare come simbolo del cristianesimo (buon ultimo
dopo il pesce e X e P, il monogramma costantiniano) era quel che chiamiamo
una “croce greca”, ovvero con le quattro braccia
uguali. La croce greca è presente come segno correlato al culto fin
dai primordi dell'umanità e ci sono ragioni per pensare che il simbolo
sia una ripresa di quel segno.
La croce greca si diffonde a macchia d'olio in tutto il cristianesimo: è
infatti la tipica pianta delle basiliche di Costantinopoli (e anche di varie
chiese in occidente, tenete conto che Michelangelo progettò san Pietro
in Vaticano a croce greca, anche se di questo artista è noto per
lo più il solo "cupolone") è presente in moltissime
rappresentazioni paleocristiane e (udite udite) in varie forme è
presente anche molto prima del cristianesimo. Quindi diffusissima, onnipresente
e non necessariamente correlata con la croce di Cristo... Indipendentemente
dsal fatto che richiami o meno la crocefissione, certamente (questo è
fuor di dubbio) riecheggia ed appartiene al vasto mondo delle ruote e delle
croci “ornate” che vanno dalla croce anseata largamente rappresentata
nell'antico Egitto, fino alla svastica simbolo ampiamente in uso in Oriente,
fino alle razze, alle ruote più o meno raggiate (soprattutto a 4,
6 o 8 raggi) ecc.
Cosa significa questo? Che vi è una grande famiglia di simboli religiosi,
che si dividono in due rami: quello dei simboli cerchiati (con croce o raggi,
oppure rappresentato da un cerchio con un punto al centro) e quelli “lobati”
con espansioni (la “rosa camuna”, stemma della regione Lombardia)
che presentano raggi, lobi o sono in forma di croci.
Ad avvalorare questa testi sta il fatto che il cristianesimo dei primordi spesso si integra e si confonde con il culto del sole. Costantino si fece rappresentare su una colonna nel foro di Costantinopoli in forma di statua (utilizzò una statua di Fidia a cui aggiunse la propria testa) con le insegne del sole (badate bene: a lui che difendeva instancabilmente e con grande energia la chiesa dalle eresie, questo mix non gli pareva un problema), e perfino Gregorio racconta che i pellegrini (prima di entrare nella basilica di San Pietro) si inginocchiavano ad adorare il sole. La festa del natale è stata scelta come la festa del sole (oggi il 25 dicembre), le chiese cristiane erano rivolte verso il sole nascente, e così via. In generale ci sono molte analogie tra il cristianesimo e il culto di Mitra, sia nel racconto della genesi della religione, sia nei riti quanto nella contiguità tra gli aderenti di un culto o nell'altro nel diffondersi di queste due religioni. Uno dei documenti più sconcertanti è la supposta raffigurazione di Cristo che conduce il carro del sole. Sole, Apollo e Cristo insomma nei primi secoli avrebbero forti punti di contatto.
Concludo ribadendo che il nostro cristianesimo è frutto dell'unione di più culture (quello che oggi chiamiamo sincretismo) una delle principali culture è senza dubbio la romanità, seguita da vicino da quella del mondo greco, dalla sua grande filosofia quanto dai suoi sofismi teologici, che sono inglobati nell'attuale teologia cristiana. In questo senso si comprende come la grande reliquia sia divenuta l'importazione dentro il cristianesimo del “palladio” pagano, posto a protezione della città. La chiesa dei primi tempi non aveva alcun timore a importare feste e usanze pagane, cristianizzandole. Tra queste famoso è l'esempio della festività del natale, ma è un'importazione che sta in buona compagnia. Tendeva insomma a non sopprimere tradizioni consolidate che potevano essere tollerate dando loro un significato cristiano o facendo rappresentare i personaggi cristiani secondo gli elementi pagani che erano probabilmente sotto gli occhi del popolo. Si spiega così perché Cristo (quando iniziò ad essere rappresentato) lo fu come un patrizio romano, perché i santi corrispondevano ai suoi dignitari. Anche la rappresentazione degli angeli richiama questo uso. E' ben difficile immaginare che gli angeli citati nei Vangeli abbiano avuto le ali. Ancor più difficile immaginare che le avessero gli angeli insidiati sessualmente dagli abitanti di Sodoma nel celebre racconto dell'antico testamento.. Gli angeli dotati di ali, posti nelle rappresentazioni di molte corti celesti non sono altro che l'importazione delle “Niche” pagane nelle raffigurazioni cristiane, poste a destra e a sinistra nella classica rappresentazione imperiale standard.
Non solo: vi sono diversi santi importati semplicemente da divinità pagane. E' il caso di San Cristoforo cinocefalo (=con la testa di cane) che è ragionevole pensare sia stato importato dal dio Anubi o suoi parenti...
Oltre all'importazione dei santi trasformati in sorta di “palladio”,
vi è da segnalare anche l'importazione o la formazione di santi partendo
da “genius loci” di una certa regione, magari legata a un santuario,
fonte d'acqua, ecc. Questo è un aspetto che sfiora soltanto il nostro
discorso, ma lo cito perché i santi sono evidentemente le fonti delle
reliquie.
Anche qui un esempio: non vi sono certezze assolute, né contro né
a favore, ma certamente vi sono buone ragioni per sospettare che santa Lucia
di Siracusa sia la semplice cristianizzazione di un culto legato alla luce.
La festa è vicina al solstizio d' inverno (giorno in cui il sol inizia
la sua ascesa) e ancor oggi nel nord Europa (dove è vivo il culto della
santa) viene celebrato con fanciulle che portano un diadema con delle candele
accese. Lo stesso nome (Lucia) pare una curiosa coincidenza...
Quindi
assistiamo a varie forme di devozione che danno e ricevono, che entrano ed
escono dal cristianesimo, sia nella forma (il culto legato ad amuleti, feticci,
ecc) che nella sostanza, ovvero santi che nascono e terminano nel cristianesimo,
figure che nascono nel mondo pagano e divengono santi cristiani, come vi sono
e reliquie e oggetti e santi che nascono nell'ambito del cristianesimo e divengono
oggetti dotati di poteri speciali, strumenti per ipotetiche funzioni soprannaturali
(il santo graal e cose simili) e quindi escono dal cristianesimo per entrare
nel mondo della superstizione e della magia. Seguendo in questo il cammino
parallelo delle immagini sacre, a volte ancor oggi considerate magiche o legate
a influssi del soprannaturale (dal sacro volto di Lucca alle altre immagini
acheropite, immagini miracolose (non dipinte da mani umane!) come la madonna
di Guadalupe (comparsa su un mantello) , il panno della Veronica, ecc. ecc.
In epoca moderna (relativamente meno incline di una volta al mondo della magia)
dal cristianesimo questi santi possono uscire anche per lanciarsi del mondo
commerciale, come insegna la storia di San Nicola di Myra divenuto babbo natale.
Ed ecco questo universo variegato, sia dei santi che costituiscono (o generano) reliquie, sia l'universo delle reliquie stesse, che hanno parentele strette coi santi (=i loro resti mortali) con il divino (=le immagini sacre dipinte per intervento soprannaturale) o semplicemente hanno queste stesse relazioni coi santi e col divino in modo via via sempre più lasco (un panno che ha toccato un marmo che ha toccato un panno...). E tutto questo è dovuto alla necessità di moltiplicare le reliquie, per avere a portata di mano qualche cosa di sacro, forse -alla fine- per poter credere a qualcosa anche quando lo strumento per questa fede è il più modesto e assurdo. Un caso fra tutti, il pezzo di sterco dell'asino che portò Gesù in trionfo il giorno delle palme. Della serie: "chi si accontenta..."
Fine
del testo
*
La pubblicazione di questo testo ha generato una qualche polemica, anche se per lo più benevola. Ma non è mancato chi lo ha accusato senza mezzi termini di blasfemia, altri (tra cui un prelato cattolico), hanno invitato ad approfondire alcuni aspetti.
1-Per prima cosa, questo testo potrebbe anche essere blasfemo; ma -guarda caso- non lo è. Come si dice nel testo, la chiesa cattolica non impone la venerazione delle reliquie, quindi se qualcuno vuol crederci bene, chi non vuol crederci può restare (se lo vuole) un buon cattolico.
2- Ma
soprattutto questo testo non affronta alcun problema religioso, rispetto
a questo è del tutto neutrale, e soprattutto non vuol spingere nessuno
nè a venerare nè a disprezzare le reliquie nel loro insieme.
Qui vi è semplicemente una qualche riflessione su alcuni aspetti di
questi oggetti di culto popolare..
Il testo non manca di sottolineare come questo culto e qesta gelosa conservazione
di resti non sia propria del cattolicesimo ma largamente
diffusa ieri come oggi anche nel mondo laico (perfino tra i nemici delle religioni)
o in altre religioni. Quindi non può essere invocato a detrimento o
esaltazione di questa o quella religione.
Questo testo è dunque una semplice considerazione storica, un abbozzo
(per altro ampiamente migliorabile), su come si è evoluto il culto
delle reliquie, e questo indipendentemente dal fatto che uno creda o meno
venerabili le reliquie stesse, o degne di culto, o che creda o meno alla loro
autenticità (anche se molto spesso il crederci richiederebbe un qualche
sforzo). Questo in modo del tutto indipendente dalle proprie convinzioni religiose.
Faccio noatre che noi diamo quasi per scontato di vivere tra queste reliquie, ma al giorno d'oggi non viene loro attribuita limportanza che ebbe in passato: pensate solo a quanto si dice circa l'importanza che nel medioevo si dava a una grande reliquia, era parte di una città, quasi come la sua cattedrale o le sue porte.
Quanto a chi richiede ulteriori approfondimenti, facciamo notare che questo testo nasce sulla base di un articolo giornalistico, che si è espanso fino a debordare in una quantità di parole che su una rivista normale farebbe fatica a trovar posto. Ma in futuro è possibile che si possa approfondire qualche aspetto, soprattutto la relazione del cristianesimo nascente con le altre religioni, e la trasformazione di queste religioni (in primo luogo il cristianesimo) nella loro interazione con l'impero romano. Fenomeno che qui è solo abbozzato. E nel frattempo ringraziamo tutti per il loro contributo o critica.
Lorenzo (web@serenoeditore.com)
La rappresentazione standard dell'imperatore è quella della sua figura frontale, con attorno i ministri che lo coadiuvano nel governo e nell'imperio. Fin dalla mescolanza tra impero e cristianesimo questa raffigurazione trapassa senza troppe differenze nella raffigurazione di Cristo e delgi apostoli. Sopra, mosaico nella cappella di Sant'Aquilino (Milano, IV o V secolo). Sotto si vede come questo stilema attraversa i secoli e viene proseguito un millennio dopo da Raffaello, fino a rappresentazioni del giorno d'oggi. Nell'affresco di Raffaello non mancano un elemento tipico della rappresentazione imperiale standard, ovvero le nike (le "Vittorie") alate che scendono sul'imperatore. Qui le nike sono trasformate in angeli. Sotto invece una nike pagana tratta dall'arco di Costantino a Roma (IV secolo).oo
La rappresentazione del sole segue due strade: quella dei segni raggiati o lobati (dalle incisioni rupestri della rosa camuna al simbolo della croce) e quella in cui predominano i raggi "cerchiati". Come nel caso dei rosoni, del monogramma di Costantino e nelle croci celtiche note per essere presenti sulle tombe irlandesi. Che sono simbolo di rinascita, come la ruota del sole che si rinnova ongi giorno. Lo strumento della passione di Cristo probabilmente non c'entra proprio, o c'entra per il rotto della cuffia....
Monogramma di Costantino. Sono le iniziali della parola
Cristo in lettere greche (XPISTOS)
sovrapposte e inscritte in un cerchio.
Ne risulta una ruota raggiata, ci pare indiscutibilmente legata al sole, visto
che Costantino vide un qualcosa (su cui gli storici antichi non concordano)
guarda caso proprio nel sole...
Il simbolo della croce: alcune variazioni sul tema, dall'antico Egitto in poi.
La croce cerchiata è un classico simbolo del sole, come è classica l'associazione del cammino del sole con un carro che lo trascina attraverso il cielo. Sotto, un simbolo solare lobato, che ha generato lo stemma della Regione Lombardia ("rosa camuna", Valcamonica, BS)